28 luglio 2025 – Albrecht von Haller su Azione

Le Alpi, potente minaccia e puro idillio

A pochi giorni dalla festa nazionale una riflessione sulla montagna, le sue logiche a volte feroci e la gente che vi abita
/ 28/07/2025
Orazio Martinetti

La montagna attira e respinge. Per molti è rifugio per sottrarsi all’afa della pianura, una sorta di Eden della frescura. Ma le vette nascondono anche insidie, e spesso franano a valle provocando disastri, sommergendo case, persone e animali. Ricordiamo i casi più recenti: Bregaglia 2017, Mesolcina e Vallemaggia 2024, Blatten quest’anno. Ma sono numerose le calamità che lungo i secoli hanno funestato l’arco alpino, dall’Est all’Ovest, dalle Alpi Marittime alle Alpi Giulie. Dopo ogni evento si affaccia il dilemma: ricostruire per tornare oppure rassegnarsi all’esodo? Hanno sollevato polemiche alcune sortite che prospettavano l’abbandono delle vallate e dei villaggi non più considerati abitabili. Tuttavia c’è da chiedersi se alla fine l’addio alle terre alte non generi più insicurezza che tranquillità per chi sta in basso, nei fondivalle e negli agglomerati. Nel corso dei secoli, tutte le comunità alpine hanno dovuto fare i conti con la furia degli elementi costruendo ripari, canali, terrapieni e vasche di contenimento. L’esistenza di un folto e sano bosco di conifere a monte degli abitati garantiva un certo grado di protezione, come già il filosofo tedesco Hegel aveva osservato visitando nel 1796 alcune località nella valle di Orsera: «La nostra attenzione fu anche richiamata su un boschetto di abeti, situato sulle pendici di un versante del Gottardo, di cui è vietato tagliare anche un solo ramo, pena la perdita della libertà, in quanto gli abitanti lo considerano come una sorta di parete contro le slavine ch’esso arresta e di cui spezza la forza».

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